
Il fallimento di COP26
Un anno fa oramai, il presidente della COP26 Alok Sharma sosteneva che i risultati del summit si sarebbero visti all’incontro successivo. Il principio era questo: la Gran Bretagna, paese organizzatore, non è riuscita a iniettare ambizioni; ma ha solo strappato la promessa di un miglioramento dei target sul clima, prima di COP27. Oggi affermiamo che questa speranza si è rivelata un totale fallimento e nient’altro.
La data di scadenza per presentare i piani climatici aggiornati all’Unfccc, l’organo Onu per il contrasto del cambiamento climatico, era il 23 settembre. Ma di nuovi Contributi Nazionali Volontari in pratica non se ne son visti. Solo 23 dei quasi 200 paesi che partecipano al processo delle COP hanno “rivisto e rafforzato” i loro progetti sul clima, come diceva il Patto di Glasgow. Che nasceva con una debolezza: il miglioramento degli NDC non era obbligatorio o vincolante.
L’accordo, semplicemente, richiede e richiederà che i paesi li tengano aggiornati affinché siano in linea con il Paris agreement e puntino alla soglia minima dei 1,5 gradi.
Dei grandi emissioni CO2, solo Gran Bretagna e l’Australia hanno presentato nuovi obiettivi sul clima. La prima ha solo ritoccatogli accordi, mentre la seconda ha portato un miglioramento significativo. dovuto anche al cambio di governo, che spinge sul taglio delle emissioni al 2030 dal 26% al 43%.
Gli Stati Uniti e la Cina non hanno presentato alcuna novità, mentre l’Unione Europea sta lavorando a una ridefinizione degli NDC che risulteranno anche dai piani contro la crisi energetica e per svincolarsi dal gas della Russia. Ma sicuramente UE non sarà pronta per la COP27, e si tratterebbe comunque di appena 1-2 punti percentuali in più del 55% sui livelli del 1990 con cui Bruxelles si era presentata alla COP26 e ancora non siamo allineati con la traiettoria dei 1,5 gradi.
Tra gli altri paesi che hanno presentato nuovi NDC ci sono l’Indonesia, Egitto e Emirati Arabi Uniti paesi che saranno sede della COP per il 2022 e 2023.
Un anno fa oramai, il presidente della COP26 Alok Sharma sosteneva che i risultati del summit si sarebbero visti all’incontro successivo. Il principio era questo: la Gran Bretagna, paese organizzatore, non è riuscita a iniettare ambizioni; ma ha solo strappato la promessa di un miglioramento dei target sul clima, prima di COP27. Oggi affermiamo che questa speranza si è rivelata un totale fallimento e nient’altro.
La data di scadenza per presentare i piani climatici aggiornati all’Unfccc, l’organo Onu per il contrasto del cambiamento climatico, era il 23 settembre. Ma di nuovi Contributi Nazionali Volontari in pratica non se ne son visti. Solo 23 dei quasi 200 paesi che partecipano al processo delle COP hanno “rivisto e rafforzato” i loro progetti sul clima, come diceva il Patto di Glasgow. Che nasceva con una debolezza: il miglioramento degli NDC non era obbligatorio o vincolante.
L’accordo, semplicemente, richiede e richiederà che i paesi li tengano aggiornati affinché siano in linea con il Paris agreement e puntino alla soglia minima dei 1,5 gradi.
Dei grandi emissioni CO2, solo Gran Bretagna e l’Australia hanno presentato nuovi obiettivi sul clima. La prima ha solo ritoccatogli accordi, mentre la seconda ha portato un miglioramento significativo. dovuto anche al cambio di governo, che spinge sul taglio delle emissioni al 2030 dal 26% al 43%.
Gli Stati Uniti e la Cina non hanno presentato alcuna novità, mentre l’Unione Europea sta lavorando a una ridefinizione degli NDC che risulteranno anche dai piani contro la crisi energetica e per svincolarsi dal gas della Russia. Ma sicuramente UE non sarà pronta per la COP27, e si tratterebbe comunque di appena 1-2 punti percentuali in più del 55% sui livelli del 1990 con cui Bruxelles si era presentata alla COP26 e ancora non siamo allineati con la traiettoria dei 1,5 gradi.
Tra gli altri paesi che hanno presentato nuovi NDC ci sono l’Indonesia, Egitto e Emirati Arabi Uniti paesi che saranno sede della COP per il 2022 e 2023.