
Le premesse che ci portano a Dragon Values
Questo progetto trae origine da poche ma ben definite premesse teoriche. Fatti e teorie
ritenute abbastanza comprovate e/o verosimili da non richiedere giustificazioni o spiegazioni.
Aprire o continuare un dibattito su questi punti appare più che inutile, pericoloso.
Il primo tra tutti i presupposti, infatti, è che esiste un’urgenza.
Esistono numerosi indizi che delineano un collasso in corso: picco del petrolio, picco del
fosforo, tasso di estinzione di molti ordini di grandezza superiore al passato, cambiamenti
climatici, degradazione degli oceani, ecc…
Questi indizi sembrano, infatti, avvalorare la tesi del celebre “Rapporto sui limiti dello sviluppo”
(The Limits to Growth) del 1972. Uno studio che, a distanza di più di quarant’anni, pare
purtroppo essere avvalorato dai fatti oltre che da numerosi studi analoghi. Il testo è ora
liberamente consultabile per chi lo desiderasse:
- “The Limits to Growth” (versione digitale scannerizzata in formato PDF)
( http://www.donellameadows.org/wp-content/userfiles/Limits-to-Growth-digital-scan-version.pdf )
In apparenza il fatto che si stia osservando l’inizio di un collasso generalizzato e globale, non
dovrebbe implicare automaticamente un’urgenza, dato che non sono note con esattezza le
tempistiche con cui tale collasso si svolgerà. Tuttavia esistono motivi razionali per pensare
che tali tempistiche saranno sensibilmente più brevi di quelle che ci hanno portato dall’era preindustriale alla situazione attuale. Lucio Anneo Seneca scrisse che “l’incremento è graduale,
la rovina precipitosa”. Tale osservazione empirica pare trovare una giustificazione logica in
quello che, non a caso, è ormai noto come “dirupo di Seneca”. Per una trattazione più
dettagliata di tale effetto si veda, ad esempio: - “The Seneca effect: why decline is faster than growth”
( http://cassandralegacy.blogspot.it/2011/08/seneca-effect-origins-of-collapse.html )
A questi presupposti teorici se ne aggiunge poi un terzo, ovvero,la centralità della questione
energetica sia riguardo alle questioni economiche sia riguardo a quelle ecologiche. In
particolare la versatilità e vastità di utilizzo delle fonti fossili non può ignorare le questioni poste
dal picco del petrolio, come delineato dal geofisico americano Marion King Hubbert fin dagli
anni ‘50 del secolo scorso. Nonostante l’espansione delle fonti energetiche rinnovabili,
l’economia moderna è ancora profondamente legata alle energie fossili. I problemi economici
ed estrattivi dell’industria delle energie fossili sono problemi di tutti, finché non saremo in grado
di ridurre sensibilmente la nostra dipendenza da tali fonti. - Come se le cose non fossero già abbastanza complicate, strettamente collegato all’uso delle
energie fossili, c’è la questione del cambiamento climatico (che a sua volta va ad incidere
negativamente sull’economia globale). I problemi estrattivi e quelli climatici hanno generato
una violenta guerra mediatica e propagandistica che ha polarizzato i detentori di interessi
economici legati alle energie fossili e i loro oppositori su posizioni inconciliabili.
Anche per il riscaldamento globale antropogenico, non si desidera qui spendere ulteriore
tempo a dimostrarne la veridicità scientifica. Le approfondite analisi condotte dal IPCC e gli
studi fatti nei decenni passati sono più che sufficienti a stabilire che il fenomeno è reale e
causato in prevalenza dalle emissioni legate all’attività umana.
Questa constatazione, però, non giustifica in alcun modo una demonizzazione delle energie
fossili, per due semplici motivi: il primo motivo è che l’economia richiede e ha richiesto a lungo
tale energia ai produttori traendone benefici e quindi responsabilità in condivisione con essi;
il secondo motivo, più pragmatico, è che l’economia moderna, per effettuare qualsiasi cosa,
inclusa un’eventuale e massiccia transizione energetica verso fonti rinnovabili, ha bisogno di
usare le energie fossili da cui tuttora dipende.
Quest’ultima constatazione pone una questione tecnica spesso trascurata o persino ignorata
dal dibattito pubblico: cosa si fa con l’energia che emette gas climalteranti?
Se osservata da questa prospettiva diviene fondamentale guardare alle fossili non come un
male assoluto, ma come ad una risorsa da usare saggiamente. Diviene quindi utile e cruciale
comprendere la strategia del seminatore: un contadino può mangiare completamente il grano
che è nato nei suoi campi per massimizzare la sua utilità di breve periodo oppure può usarne
una discreta quantità per garantirsi degli abbondanti raccolti anche per il futuro. E’ facile
comprendere quale di queste due strategie sia la più saggia quando si parla di grano. Quando
invece si parla di energia le cose sono meno intuitive, ma la “Sower’s way” (la strategia del
seminatore) rimane una scelta saggia (e che richiede anche un po’ di perizia). Per
approfondimenti al riguardo si rimanda al seguente studio: - “The Sower’s way. Quantifying the Narrowing Net-Energy Pathways to a Global
Energy Transition” ( https://arxiv.org/abs/1602.01203 )
Ogni opinione merita rispetto, ma se si nota un grave rischio e si desidera agire per
scongiurare il peggio, alla fine è responsabilità di ognuno fare delle scelte. Questi presupposti
teorici, non sono e non vogliono essere dei dogmi, ma vogliono essere e sono l’assunzione di
responsabilità da cui si desidera partire con questo progetto. Un punto di partenza. Un punto
di vista sulla realtà. Un riferimento comune per permettere a tutti coloro che lo desiderassero
di apportare il proprio contributo in modo armonioso, coerente e costruttivo.